Anni fa, il capo vetrinista della celeberrima gioielleria Tiffany, raccontava come le vetrine siano utili, ovviamente, per esporre la merce di qualsiasi genere essa sia, ma che soprattutto risultano efficaci se riescono a distaccarsi dalla convenzionalità e perfino dai dettami della vita pratica, introducendo elementi di stupore, divertimento, memoria.
Quasi un manuale in poche righe per chi crea vetrine introducendo arredi o oggetti vintage, come dire lavora con objects trouvè per antonomasia. Un buon vetrinista valorizza gli oggetti o i capi d’abbigliamento in vendita, però crea anche una scenografia, un set per l’immaginazione dei passanti e potenziali acquirenti.
Del resto, il vintage ha una grandissima forza evocativa, che ben si presta al gioco psicologico del visual merchandising; cose e situazioni evocano ricordi, e soprattutto sono capaci di far scattare una sorta d’identificazione con anni irripetibili, che anche chi non era nato al tempo considera mitici.
Qualche esempio di presenza vintage da vetrina? I juke box e i flipper, così come i dischi in vinile usati come decori. Oppure, i cavalli da giostra o a dondolo, e i giocattoli in genere, e tutti gli arredi più strampalati, con una innegabile componente ludica.
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