L’interesse per i gioielli del ‘900, ha una sua storia particolare, dato che nasce come fenomeno di costume e mercato antiquario molto prima dell’affermazione e della diffusione su larga scala del concetto di vintage. Aste e gioiellerie specializzate non mancano di proporre pezzi unici o rarissimi, per chi può spendere somme considerevoli per acquistare ornamenti il cui valore risiede a volte più ancora nell’esclusività del design che nelle pietre preziose e nell’oro.
Bulgari, Pomellato, Damiani o Chanteclair sono nomi estremamente conosciuti, ma non esattamente alla portata di qualsiasi tasca.
Ragguardevoli risultano comunque le quotazioni della bigiotteria… come dire: la spilla della zia potrebbe essere un piccolo tesoro. Se un nome tra tutti quelli dei creatori di bijoux è Trifari, affiancato da stilisti come Chanel, le forme del gioiello vintage sono esuberanti, inconfondibili.
Allegre, fintamente ingenue, sono le spille a forma di cestino, contenti innumerevoli fiori con pietre colorate al centro delle corolle. Più aggressive le forme di ciondoli o broches raffiguranti tigri o pantere pronte a spiccare un balzo. Vegetali di ogni tipo prestano il loro grafismo a orafi e creatori di bigiotteria.
Ampio potrebbe essere il capitolo collane: lunghissime, a citare lo stile Charleston, oppure corte e impeccabili come i fili di perle delle signorine bon ton; tutte catene e sferette colorate, come negli anni settanta, o con cammei e bordi smerlati cari alle nonne.
Altrettanto vario è l’universo dei bracciali: d’oro, d’argento, di plastica o di legno… c’è da sbizzarrirsi con modelli alla schiava, con i charms, a maglia più o meno fitta…
E gli orecchini? Zingareschi, molto parigini con perle a goccia o rose, o minuscoli, sono tra i pezzi più ricercati. Davvero divertenti sono quelli a clip di forma tonda, negli anni sessanta immancabili per completare un twin set o un tailleur pastello.